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Uffici stampa: 10 errori da evitare

  • 03
  • 05
  • 2014

Come “non” comunicare con i giornalisti (parte prima)

Prendiamo spunto da un illuminante articolo nel quale ci siamo imbattuti nella nostra quotidiana ricerca di informazioni sul mondo della comunicazione a tutto tondo, pubblicato da wired.it 10 fastidi dei comunicati stampa del Fuori Salone. Anche se l’articolo data il 7 di aprile e non è certamente uno scoop, siamo grati all’autore Michele Boroni, critico di mass media, comunicazione e cultura pop come egli stesso si definisce. Sì, perché come già detto in tempi non sospetti nel nostro post  10 passi della web comunicazione all’undicesimo punto, si impara molto di più dai colleghi giornalisti che da anni di attività solitaria nelle torri d’avorio degli uffici stampa & pr.

Insomma, ancora una volta emerge il valore del confronto e della collaborazione che si instaurano con le redazioni a fronte dell’inutilità (se non del danno) della ricerca della perfezione stilistica e del pedissequo adeguamento alle richieste del cliente che, invece, dovrebbe trovare nel consulente di comunicazione una figura che sappia trasmetterne (ovviamente) le informazioni e l’immagine desiderata ma che al contempo eviti panegirici di parole che servono solo ad irritare il primo e più importante lettore del comunicato stampa: il giornalista. Poiché sarà lui a decidere se pubblicare o meno il nostro comunicato e lo farà in base ad un unico e insindacabile criterio: la notiziabilità.
Andiamo al sodo e vediamo di commentare questi dieci fastidi che, come li definisce l’autore, si possono sintetizzare in manierismi, aria fritta finta cool, pose da boho-chic e l’eterno mito delle destrutturazioni: ecco cosa subisce il giornalista che riceve i comunicati stampa della Design Week.
1) Save the date che è definito nell’articolo come uno stramaledetto teaser: pochissime informazioni e una data inviate con troppo anticipo. Ergo: se può essere utile inviare un promemoria dell’evento per evitare di finire sepolti da centinaia di altri comunicati stampa e/o eventi, ma è meglio farlo con un anticipo ragionevole vale a dire 48 ore prima più o meno (per i quotidiani, gli on-line e le emittenti televisive) e includere (evitare allegati numerosi e pesanti) le informazioni che possano far comprendere in 10 nanosecondi al giornalista i contenuti e la portata dell’evento.
2) Ehi qui si mangia! Avendo avuto modo di fare esperienza sui due fronti, pensiamo che il fatto di poter mettere qualcosa sotto i denti mentre ci affanniamo a raccogliere informazioni non sia proprio così deprecabile. Dobbiamo peraltro ammettere che di solito siamo talmente ossessionati dalle scadenze di consegna dei pezzi che raramente abbiamo tempo per fare salotto e sostare davanti ai tavoli del buffet…
3)  La preghiera di diffusione, definita nell’articolo un’ovvietà. Si tratta tuttavia di una formula consolidata nel tempo e, secondo le regole del marketing, la call to action è una parte essenziale di qualsiasi azione di contatto. Giusto? Sbagliato? Siamo curiosi di raccogliere le vostre opinioni…
4) Parole, parole, parole non potrete certo affermare che non ve l’avevamo già detto nel post  sopra menzionato: niente frasi di circostanza, niente dichiarazioni altisonanti ma vuote, il giornalista ha bisogno della notizia perché, in sostanza, è questo ciò che desidera trovare il lettore finale. La notizia è la merce e l’ufficio stampa deve esserne per così dire il produttore.
5) Piuttosto che: finalmente qualcuno è riuscito a mettere nero su bianco l’irritazione che suscita sentire questo banale intercalare che, secondo l’autore, risulta ancora più aberrante se tradotto nella forma scritta. Per scrivere un comunicato stampa, così come una notizia, occorre utilizzare un linguaggio semplice e diretto. Il che non significa, naturalmente, scrivere in modo insipido.

Per ora ci fermiamo qui, prossimamente analizzeremo le altre cinque punture di zanzara che un ufficio stampa e un comunicatore devono evitare come la peste.

Be smart…

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